
L’unico paese ancora quasi vivo delle 5 terre forse è Corniglia. Vivo di abitanti veri intendo, o di flussi turistici non ancora così intensi da creare sensi di marcia quasi obbligati nei vicoli; code di visitatori che vogliono arrivare alla piazzetta, alla punta panoramica dei selfie, ai ristoranti con le scritte corsive e alle friggitorie, e tornare indietro ruttando prima che riparta la nave che li attende a La Spezia.
A Corniglia bastano qualche centinaio di gradini per preservarla dalla folla che giunge alle 5 terre con il treno. E per quanto le ferrovie panoramiche che qui bucano le montagne siano così sorprendenti, sostenibili e in qualche modo futuribili, sono anche il mezzo del turismo più numeroso, frettoloso, triste e indisciplinato. In questi borghi, oltre la stazione, a monte, non c’è più nessuno e dominano ancora gli orti silenziosi e le meravigliose monorotaie da vendemmia. Una cortina che fa da confine tra chi cerca la meta facile e chi se la suda a piedi.
A Corniglia si arriva infatti quasi solo camminando. E anche se il turismo del trekking è anch’esso invadente, e come nel resto delle cinque terre i b&b superano le case abitate, almeno chi arriva a piedi il posto se lo conquista.
È una questione di Genius Loci. Penso che è per questo che da secoli i pellegrini arrivano a piedi, anche per meritarsi la benevolenza dello spirito che protegge i luoghi: bisogna avvicinarsi pian piano, farsi conoscere, accettare, pregare, una reciproca graduale conoscenza tra il visitatore e gli spiriti protettori. In gioco c’è il dono della cultura e dell’esperienza.
L’oratorio dei disciplinanti di Santa Caterina in questo scatto, è il punto più alto di Corniglia. La chiesa, il refettorio, ed una piazzetta dalla quale i bambini hanno fatto cadere così tanti palloni in mare che da tempo ci hanno messo delle reti. Vi si accede da uno dei due lati della chiesa aprendo la “tenda” come in un vecchio cinema.