Ricordo di essere stato qui da bambino. I miei mi avevano portato in visita al cospetto di questo antichissimo albero d’olivo – uno dei più vecchi d’Italia, forse d’Europa – esattamente come sto facendo io oggi. E chissà quanti altri migliaia e milioni di visitatori spalmati nella linea del tempo di tutta la storia hanno fatto visita a questo albero, compresi tanti illustri visitatori. Naturalisti, esploratori, poeti, nell’ottocento divenne quasi una piccola tappa del gran tour per chi passava dalla Maremma. George Dennis, archeologo e narratore della civiltà etrusca, rimase colpito dalle dimensioni del tronco, che oggi come nel 1800 arrivava ad almeno 8 metri di circonferenza.
E’ facile immaginarsi streghe che a suon di balli e di malefici distorcono i legni di questa pianta evocativa. L’involucro dell’albero più antico è ormai morto, parzialmente svuotato, consumato, attorcigliato. La pianta si è letteralmente spostata nei secoli verso sud, lasciando intatto lo scheletro antico ed evolvendosi in una forma che solo il tempo e il lento incredibile adattamento delle piante possono trasformare così.
Piuttosto che le danze delle streghe, di matrimoni deve averne visti tanti: un tempo si usava organizzare le feste sotto le chiome dei grandi alberi, in auspicio di longevità e fertilità. La cronaca locale racconta di un lunedì di Pasqua, fine seconda guerra mondiale, la banda filarmonica del paese composta da 40 orchestrali suonó con i loro ottoni ed il maestro si esibì tra i rami dell’olivo.
Per questo essere incredibilmente longevo, rivedermi dopo 30 anni, deve essere stato come avermi salutato ieri. Ho fotografato l’albero in compagnia di due cavalli bradi con la luce dorata del pomeriggio afoso di ferragosto. Temporali in lontananza tra uno scatto d’otturatore e l’altro.
È scritto sul cartello che l’olivo della strega di Magliano è datato 3-3500 anni. Quando costruivano il colosseo, sarebbe stato già millenario. E sarrebbe già nato quando in egitto regnava Tutankhamon. E’ addirittura difficile a credersi. Niente a confronto con la quercia delle checce sotto a Pienza, che già mi aveva sorpreso per storia e dimensioni, avendo avuto condiviso i natali più o meno con Galileo Galilei.
Rispetto a quanto scritto sulla targa all’entrata dell’oliveto retrostante alla chiesa della SS Annunziata, sono andato ad approfondire e non esiste alcuna “datazione al carbone attivo”, che mi pare serva piuttosto per assorbire gas intestinali. Un articolo con alcune referenze scientifiche invece, gli da una datazione di almeno 700 anni di vecchiaia. Per certo quindi ha visto tutto il rinascimento, il basso medioevo e forse ha assistito alla nascita di Dante Alighieri.
Scatti inseriti nella Galleria di Maremma